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COVID-19, DONNE D’IMPRESA LA RIPARTENZA CON ASILI E SCUOLE CHIUSE

DONNE, ARTIGIANATO E LOCKDOWN:
IL 70% DELLE 31.995 DONNE D’IMPRESA OPERANO NEI SETTORI PIÙ ESPOSTI ALLA “CRISI DA COVID-19”. BIOLATTO (DONNA IMPRESA CONFARTIGIANATO PIEMONTE): “PIÙ ATTENZIONE ALLA CONCILIAZIONE VITA-LAVORO IN UNA FASE DOVE ASILI E SCUOLE SONO CHIUSI”

Anche le imprese artigiane femminili, dopo il periodo di lockdown, si apprestano
ad inaugurare la fase 2 e riaprono le attività che sono consentite.
In Piemonte a trainare il lavoro indipendente femminile sono le 16.796 titolari di
imprese individuali artigiane (dato relativo al II trimestre 2019). Insieme a
socie e collaboratrici costituiscono in Piemonte un piccolo esercito di 31.995
donne d’impresa, mentre in Lombardia sono 66.763, in Emilia Romagna 36.757
ed in Veneto 36.991.
La classifica provinciale vede in testa Milano, con 18.151 imprenditrici, secondo
posto per Torino (15.769), seguita da Roma (14.829).  
Nelle province del Piemonte dopo Torino con 15.769 imprenditrici, troviamo
Cuneo (4.935), Alessandria (3.203), Novara (2.732), Asti (1547), Biella (1.409),
Vercelli (1.256) e Verbania 1.144.
Un focus elaborato sull’imprenditoria femminile mette in evidenza come
quasi il 70% delle 31.995 donne d’impresa operano proprio nei settori più
esposti alla “crisi coronavirus”.
“In uno scenario di ripartenza, dopo il lungo periodo di lockdown, – afferma
Daniela Biolatto, Presidente Donna Impresa di Confartigianato Piemonte
–dove le donne hanno continuato a lavorare con la formula del lavoro agile,
alcune si sono reinventate pur di alleggerire il peso del mancato fatturato,
producendo mascherine, camici, ecc., ora è fondamentale considerare le esigenze
di conciliazione vita-lavoro. In questa fase, infatti, le scuole sono chiuse, gli asili
idem e i figli trascorrono le giornate a casa. Questa emergenza dovrebbe essere
l’ennesima occasione per riflettere ed affrontare con più decisione queste
tematiche”.
“Le aziende rosa del Piemonte – conclude Biolatto – hanno bisogno di
concretezza. Le imprenditrici che hanno subito i danni economici legati al
lockdown, chiedono da una parte che venga resettato il sistema fiscale e dall’altra
che vengano aiutate nello svolgimento del doppio ruolo: in famiglia e sul lavoro.
Occorre in pratica un’attenzione maggiore della politica nei confronti della donna
che lavora e un welfare in grado di andare incontro alle esigenze al femminile,
attraverso iniziative capaci di conciliare la vita familiare, le scuole che non
ripartono e la ripartenza del lavoro”.
Le donne italiane sono anche tra le più intraprendenti d’Europa ma il nostro Paese
è agli ultimi posti nell’UE per l’occupazione femminile e le condizioni per
conciliare lavoro e famiglia.
L’Italia conta 1.510.600 donne che svolgono attività indipendenti e che sono
aumentate del 3,3% nell’ultimo anno. Per numero di imprenditrici e lavoratrici
autonome siamo al secondo posto in Europa, ci batte soltanto il Regno Unito
che raggiunge quota 1.621.000.
Le donne italiane superano gli uomini nella vocazione imprenditoriale: in Italia
nel 2018 sono nate 95.672 imprese femminili, 368 al giorno, con un tasso di
natalità del 7,2% a fronte del 5,3% delle imprese maschili.
Le imprenditrici offrono un rilevante contributo alla ricchezza nazionale: si
attesta, infatti, a 290,3 miliardi di euro il valore aggiunto prodotto dalle
imprese guidate da donne. A questa cifra si aggiungono i 219,1 miliardi
realizzato dalle lavoratrici dipendenti in imprese maschili. Se nelle attività
indipendenti le donne italiane primeggiano in Europa, il nostro Paese rimane
ultimo nell’UE per il tasso di occupazione femminile. Le imprenditrici devono
fare i conti con un welfare che non aiuta le donne italiane a conciliare il lavoro
con la cura della famiglia.
L’Osservatorio di Confartigianato Imprese mette in luce che la spesa pubblica
italiana è fortemente sbilanciata sul fronte delle pensioni e della spesa sanitaria
per anziani mentre quella per le famiglie e i giovani si ferma a 26,9 miliardi, pari
al 3,2% della spesa totale della PA (rispetto al 3,8% della media UE) e all’1,6%
del Pil (rispetto all’1,7% della media UE). Percentuali che collocano l’Italia
rispettivamente al 18° posto e al 15° posto tra i 28 Paesi europei.
Tutto ciò si riflette sull’occupazione femminile e sulle condizioni per conciliare
lavoro e famiglia: Confartigianato Imprese rileva infatti che il nostro Paese rimane
ultimo nell’UE per il tasso di occupazione delle donne tra 15 e 64 anni: nel
2018 si attesta al 49,5% a fronte di una media del 63,3% nell’UE a 28. Fa peggio
di noi soltanto la Grecia con un tasso di occupazione delle donne tra 15 e 64 anni
del 45,3%. Siamo ben lontani dal primato della Svezia (76%).
Per supplire alle carenze dei servizi pubblici, le donne si caricano di una notevole
mole di impegni, tra cura della famiglia e attività domestiche, cui dedicano in
media 3 ore e 45 minuti al giorno di lavoro non retribuito, pari ad un valore
complessivo annuo di 100,2 miliardi di euro, di cui 18,5 miliardi attribuibile alle
imprenditrici e 81,7 miliardi alle lavoratrici dipendenti. Il valore del lavoro non
retribuito delle lavoratrici artigiane autonome è pari a 3,7 miliardi.