DECRETO RISTORI e DECRETO RISTORI BIS – Necessari contributi adeguati, concreti e veloci.
Con il Decreto ristori bis si sta andando nella direzione giusta ma
vogliamo verificare insieme al Governo l’elenco dei codici Ateco
delle attività che prenderanno gli indennizzi per evitare che ci
siano, nuovamente, settori esclusi.
Giorgio Felici (Presidente Confartigianato Piemonte): “occorre
uscire dalla logica dei codici ATECO, sistema che ha dimostrato
nei fatti di escludere intere categorie colpite tanto quanto, se non
in misura maggiore, di quelle coinvolte”
“Ancora una volta non possiamo dire “buona la prima”. E’ stato necessario,
infatti, stanziare altre risorse con il Decreto Ristori bis per andare in aiuto alle
realtà che non possono lavorare e che con il Decreto Ristori non avrebbero
ricevuto un euro dallo Stato. Per tutte queste attività e professioni è fondamentale
avere la certezza di ristori adeguati, concreti e veloci”.
Questo il commento di Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Imprese
Piemonte, rispetto alla situazione che si è venuta a creare nel settore artigiano del
Piemonte dopo il DPCM firmato dal Presidente del Consiglio e che, anche a
seguito delle sollecitazioni di Confartigianato, ha portato al varo di un nuovo
decreto Ristori (Decreto Ristori bis).
Confartigianato Piemonte sottolinea come dal primo Decreto siano rimaste
fuori categorie come i Bus Operator e i Fotografi, solo per fare degli esempi,
ma anche tutti quei mestieri artigiani che ruotano intorno alla produzione e
servizi per la ristorazione e somministrazione, dalle pizzerie a taglio alle
gastronomie, passando per rosticcerie e piadinerie, non ammesse ai contributi
nonostante i vistosi e prolungati cali di fatturato, e quelle che gravitano nel
turismo, negli eventi, nei convegni e nei congressi, di fatto senza mercato da 7/8
mesi. Senza dimenticare le imprese appartenenti alle filiere agricole, della pesca
e dell’acquacoltura, per le quali la Confederazione ha chiesto di includere le
imprese agroalimentari artigiane di prima trasformazione di prodotti
agricoli (lavorazione carni e trasformazione dei prodotti caseari) che subiscono
gravi danni economici a causa delle restrizioni imposte al settore della
ristorazione.
Nel lockdown di marzo il codice Ateco dei fotografi non compariva tra quelli
delle attività obbligate alla chiusura perché molti laboratori fotografici sono
stati parificati agli ottici e, pertanto, considerate attività essenziali. In tale periodo,
però, fra cerimonie annullate, matrimoni rinviati e divieti negli spostamenti se non
per motivi di lavoro, di salute o per procurarsi beni di prima necessità, recarsi dai
fotografi era improbabile e impossibile. Quindi senza obbligo di chiusura, i
fotografi si sono trovati a poter tenere aperti i negozi ma a non avere, o raramente,
clienti. E, proprio per il fatto che i loro codici Ateco non fossero contemplati
dai DPCM, ha fatto sì che l’intero settore fosse escluso a priori dal Decreto
Ristori.
“Una situazione paradossale che si è ripetuta nuovamente, in questa seconda
ondata di contagi e che rischia di aggravarsi. – sottolinea Felici – La quasi totalità
delle cerimonie e dei matrimoni sono stati nuovamente annullati o rimandati, o
nella migliore delle ipotesi celebrati con un ridimensionamento tale tra ospiti e
organizzazione che ha comunque portato ad una riduzione degli incarichi e dei
guadagni da parte dei fotografi.”
“Già a maggio avevamo chiesto che fossero previste misure specifiche e concrete
di aiuto per la categoria – afferma Felici -. Ora, a fronte del DL Ristori del 28
ottobre e il nuovo DPCM del 3 novembre, ci siamo trovati di nuovo a chiedere
l’inserimento delle aziende di fotografia e comunicazione tra i beneficiari delle
misure di sostegno economico previste per altri settori. Con il Decreto Ristori bis
si sta andando nella direzione giusta ma vogliamo verificare insieme al
Governo l’elenco dei codici Ateco delle attività che prenderanno gli
indennizzi per evitare che ci siano, nuovamente, settori esclusi”.
“Per questo occorre uscire dalla logica dei codici ATECO – riprende Felici –
sistema che ha dimostrato nei fatti di escludere intere categorie colpite tanto
quanto, se non in misura maggiore, di quelle coinvolte. Insomma occorre
ragionare non per codici Ateco ma con una logica di filiera”.
“Il Governo deve pensare a provvedimenti che seguano la logica di aiutare
coloro che possono dimostrare un calo del fatturato di una certa percentuale
a prescindere dalla attività che viene svolta – riprende Felici – è infatti chiaro
che la riduzione della socialità indotta dalle chiusure di certe attività come bar,
locali, ristoranti e il divieto di tenere cerimonie e feste incidono sui bilanci di
tutti”.
“Occorre dimostrare con chiarezza agli imprenditori che i loro sacrifici vengono
ripagati con ristori immediati e proporzionati al danno-conclude Felici – Le
parole d’ordine devono essere velocità e ‘zero burocrazia’. Insomma, gli
imprenditori devono poter contare su risorse certe, erogate in tempi rapidi”.
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