Azioni confederali sul tema infortunio sul lavoro da Covid-19, il nostro presidente a tgcom24
Cari Associati
desidero aggiornarvi sulle azioni sindacali che la Confederazione ha
intrapreso sul tema, di crescente attualità e rilevanza anche presso la pubblica
opinione, del rapporto fra contagio di un lavoratore e infortunio sul lavoro,
argomento oggetto di una circolare dell’Inail che, nel fornire indicazioni in merito
all’art. 42, comma 2, del D.L. n. 18/2020, ha inopinatamente esteso il principio
della presunzione semplice di origine professionale dell’infortunio sul lavoro ben
oltre il caso degli operatori sanitari a diretto contatto con i malati Covid-19 e –
quindi – ben oltre la stessa previsione normativa.
L’art. 42, comma 2 citato, infatti, stabilisce che nei casi accertati di Covid-19
in occasione di lavoro – e quindi in presenza di un nesso eziologico fra la mansione
svolta e il contagio – vengono riconosciute dall’Inail le tutele dell’infortunio sul
lavoro senza però che gli eventi in questione vengano computati ai fini della
determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico e,
dunque, senza aumento dei premi per il datore di lavoro.
L’orientamento adottato dall’Inail e finora non oggetto di correzioni da parte
dell’Istituto assicurativo, né del Ministero del Lavoro, tuttavia, è estremamente
preoccupante. Infatti, se venisse realmente applicata la cosiddetta “presunzione di
contagio” a tutti i casi di lavoratori che contraggono il Covid-19, potrebbero essere
avviate nei confronti dei datori di lavoro azioni di vario genere (dall’azione penale,
all’azione di regresso da parte dell’Inail e persino l’azione del lavoratore per
ottenere il danno differenziale), anche laddove siano state correttamente applicate
le misure di prevenzione.
La Confederazione, nei negoziati con il Governo e le Parti sociali che hanno
portato alla sottoscrizione dei Protocolli di sicurezza del 14 marzo e del 24 aprile
2020, ha sempre posto quale prima richiesta in materia il riconoscimento del Covid-
19 come un rischio biologico generico che riguarda l’intera popolazione. Tale
principio, non a caso, è riportato in entrambi i richiamati Protocolli.
È stata quindi inoltrata una formale richiesta all’Inail di modificare
urgentemente il suddetto orientamento in materia, delimitando in modo certo il
principio della cosiddetta “presunzione di contagio” all’unico caso logicamente
ammissibile, ovvero quello concernente gli operatori sanitari che siano entrati in
diretto contatto con soggetti positivi al Covid-19.
A livello politico, la Confederazione ha richiesto al Presidente del Consiglio
Conte, da ultimo nel corso di un incontro tenutosi il 6 maggio scorso, un urgente
intervento da parte del Governo che da un lato escluda l’applicazione del principio
della presunzione semplice per il riconoscimento di infortunio professionale del
COVID-19 e dall’altro eviti future ingiuste possibili azioni di rivalsa e di
responsabilità civile e penale in capo al datore di lavoro.
Il tema è stato infine rappresentato nel corso di un’audizione tenuta il 12
maggio scorso dalla Commissione Lavoro del Senato, formulando l’espressa
richiesta di una norma di esonero della responsabilità del datore di lavoro in caso di
contagio da parte di un proprio lavoratore.
Ciò anche alla luce dei principi comunitari in materia. L’art. 5, comma 4,
della Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, in materia di salute e sicurezza sul lavoro,
a chiare lettere stabilisce la facoltà degli Stati membri di prevedere l'esclusione o la
diminuzione della responsabilità dei datori di lavoro per fatti dovuti a circostanze a
loro estranee, eccezionali e imprevedibili, o a eventi eccezionali, le conseguenze dei
quali sarebbero state comunque inevitabili, malgrado la diligenza osservata.